Spettacoli,  Teatro

La Rimozione, “Progetto Sciascia” del Teatro Stabile di Catania alla Sala Futura

di Leonardo Sciascia
regia Cinzia Maccagnano
assistente alla regia Marta Cirello
con Rosanna Bonafede, Pietro Casano, Marta Cirello, Rita Fuoco Salonia
costumi Riccardo Cappello
luci Gaetano La Mela
musiche Lucrezio de Seta
produzione Teatro Stabile di Catania

“La Rimozione”, racconto breve di Leonardo Sciascia contenuto nella raccolta pubblicata nel 1973 col nome “Il mare colore del vino”, ispirato dalla rimozione della statua di Stalin dal mausoleo che condivideva con Lenin, nel 1961, e la contemporanea rettificazione espressa dalla Sacra Congregazione dei Riti nella Riforma Liturgica degli anni ’60 che “rimuove” dal calendario il nome di Filomena, accertato che i resti ritrovati nel 1802 non fossero quelli della santa, bensì di una fanciulla per la quale erano state utilizzate a copertura della tomba alcune tegole la cui incisione sembrerebbe mal interpretata anche questa e recuperate da una precedente sepoltura. A chiarimento della premessa, occorre precisare che Santa Filomena è stata ampiamente venerata nel mondo anche a seguito di numerosi miracoli accertati.

Cinzia Maccagnano

Cinzia Maccagnano, attrice e poi regista, possiede un curriculum degno di nota e rispetto, leggendo il quale si assume che lo slancio verso il teatro non sia affatto casuale, ma effetto di una conoscenza relativa non solo alla preparazione ma anche all’esperienza. Formatasi all’INDA, si specializza come attrice nel teatro classico, raccogliendo unanimi consensi; nel 2016, Nicola Alberto Orofino la dirige in Giulio Cesare e Moni Ovadia e Mario Incudine in Le supplici in prova; il passo successivo è curare la regia di Edipo Re, dramma che la incuriosisce per l’intreccio fra sorte e psiche che tesse i fili del destino del suo protagonista. Dalla scuola Giusto Monaco ad oggi, Cinzia non ha osservato pause, soffermandosi su lavori interessanti che ha tradotto in successi sul palcoscenico, sia in veste di attrice che di regista.

Ne La Rimozione la penna affilata e sagace di Sciascia parla di devozione, un sentimento che unisce le persone, le quali, in questo racconto breve, si stringono attorno alla statua di Santa Filomena, a cui la Chiesa intende revocare il titolo di santità.  La fede è anche uno dei motori più potenti della politica. La politica miracoli non fa, ma è legittimo credere che un politico illuminato non sia poi così diverso da un santo? Sciascia si sofferma sulla natura spesso ostinata della devozione, nel bene e nel male, sulla sua postura inamovibile, sulla cecità che rischia di renderla ingannevole.” – spiega la regista, che di questa regia ha fatto un mirabile lavoro di cesello, conferendo alle immagini ricostruite sul palcoscenico le medesime atmosfere sospese nella notte del racconto breve di Sciascia, aggiungendo una suspense che avvince lo spettatore sin dal principio lasciandolo scontento solo perché sembra che la fine arrivi prendendolo con largo anticipo.

Si avvale di quattro attori magnifici: Rossana Bonafede (Filomena), Rita Fuoco Salonia (Michele), – anche aiuto regista – Pietro Casano (madre di Filomena e statua di Stalin) e Marta Cirello (devota e statua di Santa Filomena) perfettamente sincronizzati sui tempi che la regista ha scelto per ripercorrere quelli della scrittura originale in cui i gesti sono precisi e descritti con siciliana proprietà da Sciascia, corrisposti fedelmente dagli attori che li attuano con musicale meccanica, seguendo la partitura: le verdure pulite da Filomena (Rossana Bonafede) e calate dentro la pentola sul fuoco, il quotidiano che Michele legge, durante il domestico confronto fra i coniugi, racconta tutte le ispessite ragioni dell’uno e dell’altra, il carattere di ciascuno, trasferendo anche dati sugli aspetti matrimoniali. E quasi lo spettatore non se ne accorge, rimanendo coinvolto nei movimenti, avvolto dalle proiezioni delle luci e delle ombre della vita.

Rossana Bonafede è Filomena: le sue doti di performer le consentono di stare “un’ottava sopra” di raggiungere piani di espressività che le appartengono per talento: i suoi riccioli d’oro, squarcio di luce sulle ombre delle mura di casa si agitano degli stessi palpiti del suo cuore devoto alla santa di cui porta il nome

Rita Fuoco Salonia interpreta Michele il marito devoto soltanto alle sue abitudini e polemico contro la fede della moglie, smonta con superficiali definizioni il valore e l’importanza di Santa Filomena per poi rimanere attonito alla lettura della notizia riguardante la rimozione del corpo di Stalin dal mausoleo e l’abbattimento delle sue statue. È dedicata al personaggio maschile conferendo le medesime caratterizzazioni descritte da Sciascia.

Marta Cirello e Pietro Casano cambiano ruolo, voce e gesto rapidamente con destrezza, perfettamente allineati ed efficaci sebbene saltino per scelte registiche “di palo in frasca” e dovendo aderire a sagome mutevoli.

Cinzia Maccagnano realizza le poche ore, intercorrenti fra il ritorno a casa di Michele che trova solo il gatto a sonnecchiare sotto al lettore il rientro alla stessa casa con cena e giornale, con la stessa dinamica e congrua sinossi che appartiene ai corti, quelli fatti bene, in fondo ai quali la parola fine giunge troppo presto volendo ancora lo spettatore indugiare alla ricerca dei segni.

La messa in scena de la “Rimozione” solennizza il ritorno di un’attrice bravissima e preparata come Rossana Bonafede, assente da qualche anno a causa di uno sfortunato incidente. E Cinzia Maccagnano le ha affidato un personaggio – la moglie addolorata e profondamente osservante – nei tratti del quale riesce ad esibire i principi natali dell’essere attori, quelli stabiliti dalle scuole, i registi, i lavori che qualificano; e l’improvvisazione è ad appannaggio di chi sa recitare e non per camuffare le inquietudini del principiante atteggiato a “gassmaniane” posture. Ci auguriamo di godere della sua presenza, d’ora in poi.

La scenografia fa un uso tridimensionale e “caravaggesco” del nero anche grazie al contrasto con l’oro del mantello che diventa tenda, talvolta manto della carità che si stende sulle speranze e i patimenti sciorinati per giungere meglio all’ ascolto; sedie che sono arredi e perimetro, diventando panche sulle quali si spende la preghiera e si afferma la fede piantata a forza dalla determinazione delle donne, fedeli senza ombra ad una santa dalla vita breve ed eccezionale.

Se Sciascia aveva voluto relazionarsi col mondo della devozione per raccontare di tutte quelle che non hanno impronta religiosa ma ne posseggono le conseguenze, Cinzia Maccagnano ha riconosciuto l’intramontabilità dell’argomento e ha rigenerando la devozione sacra aderente ai medesimi margini della devozione politica. Il merito, enorme, oltre a quello di avere saputo individuare i quattro attori campioni di trasformismo ed efficace interpretazione è quello di concatenare ogni momento tirando fuori dal buio e dalle ombre la rigidità che si veste da venerazione e gli slanci che andrebbero capiti anche quando il personaggio famoso dall’aldilà non ha grossi mezzi per farsi credere…E soprattutto porta in teatro le figure tradizionali della novella neoverista italiana che da una contraddizione riesce a tirare fuori un paradigma di chiarezza.

Oggi, in un mondo che ha sostituito il cartomante col virologo….

Ha cominciato con MetroCt nel 2017, occupandosi di Teatro e curando una rubrica dedicata alle donne; collabora inoltre con Zarabazà e il Quotidiano dei Contribuenti, saltuariamente con La Sicilia e già con LaSiciliaInRosa sui quali pubblica interviste ai personaggi dello spettacolo. Prima del 2017, pubblicava in modo discontinuo con i mensili Katané e Paesi Etnei.

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